Mindfulness e lutto: lutto semplice e complicato

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Il lutto è una esperienza che tutti noi facciamo più volte nella vita. In genere abbiamo le forze per attraversarlo, a volte qualcosa si blocca ed è necessario condividerlo e farci aiutare. Il nostro corpo e le nostre emozioni sanno come attraversare il “ lutto semplice” lo facciamo di continuo (tutto cambia anche se non lo vediamo o non ce ne accorgiamo, la morte di qualcuno di caro è il momento nel quale non possiamo non vedere) . A volte il “ lutto è complicato” qualcosa si complica, rimaniamo incastrati, congelati e in questi casi il rischio è di scivolare in una psicopatologia, in meccanismi psicologici non sani per noi. Meccanismi inconsci (con questa parola intendo che qualcosa accade in noi di cui non siamo consapevoli, non ci accorgiamo che c’è) che apparentemente ci tengono lontani dal dolore ma in realtà ci creano vite basate sulla fuga dal dolore, che sono ancora più dolorose del dolore in se del Lutto. LUTTO non è solo la morte di qualcuno di caro, ma anche quando c’è una separazione in una relazione significativa (importante per noi) o quando un grande (o a volte anche piccolo) cambiamento avviene nelle nostre vite (lavorative, sociali, economiche, affettive) o alla nostra identità (fisica: cambiamenti del nostro corpo, o psicologica, sociale, emotiva ecc). E’ quel processo per cui “ lasciamo andare” (accettiamo il cambiamento) una realtà che non c’è più e riusciamo a reinvestire (affetivamente, socialmente, economicamente, lavorativamente, ecc.) ritroviamo il legame con la vita e dopo fasi di negazione, rabbia, depressione, patteggiamento infine riusciamo ad accettare il cambiamento come una nuova realtà nella quale vivere (in senso pieno, non solo sopravvivere) . Comprendere che non c’è nulla contro cui lottare o da risolvere ma “semplicemente” c’è da vivere il dolore che il cambiamento ha portato, passarci attraverso e andare avanti…. Quasi sempre abbiamo le forze e le energie per fare questo passaggio, a volte però qualcosa si blocca, o perchè il lutto è stato per noi traumatico, o per il tipo di relazione che abbiamo con noi noi stessi o la persona o situazione persa rimaniamo incastrati nei sensi di colpa (ciò che avremmo potuto fare ma non abbiamo fatto, avremmo potuto dire ma non abbiamo detto, ecc) o perchè non possiamo essere sicuri che persona o situazione siano davvero persi (come fare il lutto di qualcuno ad es se non siamo certi che sia morto? o altro ad es: le persone disperse, o i sogni non realizzati o i rapporti non davvero vissuti o finiti) . O a volte abbiamo paura di vivere il dolore e quindi non attraversiamo mai il “ponte del lutto” prendendo dimora nelle zone prima del ponte. Il “Ponte” è solo una metafora di un passaggio, non riuscire a fare quel passaggio, per il dolore associato a questo, fuggire dal dolore, non sentire, allontanarci da tutto ciò che ci ricorda la persona o la situazione (che si associa al dolore) apparentemente ci da pace… ma è come un salvagente di salvataggio in mezzo al mare ci aiuta a non affogare, e questo và bene, ma siamo ancora nel mare e l’’unico modo per arrivare a riva è attraversarlo il mare, non fare finta di non essere nel mare. Condividere con qualcuno il nostro dolore è fondamentale, l’amore ci aiuta e spesso ci da il coraggio di esplorare nuove realtà, purtroppo a volte (spesso nella nostra società che tratta la morte come un tabù) proviamo a confidarci con qualcuno che non sa come accogliere e rispettare il nostro dolore (anche solo perchè forse ne hanno paura e giudica in nostro malessere invece che accoglierlo e comprenderlo, o ci sprona anzitempo a camminare quando siamo ancora nel mare… e possiamo solo nuotare). Uso metafore perchè a volte aiutano a comprendere realtà complesse (anche se le metafore non corrispondono mai del tutto alla realtà ovviamente) In questi casi abbiamo bisogno di qualcuno vicino che sappia come avvicinarsi a quel dolore, come condividerlo con noi, come accompagnarci nell’attraversare il lutto (che nella metafora sopra ho chiamato ”ponte” nel senso di ciò che congiunge a una nuova vita vissuta davvero, ciò che ci permette di non chiuderci (chiudendoci al dolore ci chiudiamo così anche alla gioia e all’amore) di non trasformarci in “morti viventi”. Frank Ostasesky dice “quando qualcuno che amiamo muore il cuore si spezza, ma attraverso la ferita passa sia il dolore che la gioia.”

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