Il potere della compassione: il contributo Buddista nel fine vita

Intro 1
Materiale convegno “Mindfulness and Meditation Summit”
31 Ottobre 2023
Mindfulness e fine vita
23 Marzo 2024

compassion

La compassione è il “cuore” degli insegnamenti Buddisti.

Nel Buddismo Mahayana e Vajrayana Tibetano: “le ali” che portano alla illuminazione sono Metodo (Compassione) e Saggezza e così come senza un’ala un uccello non può volare allo stesso modo senza la Compassione non c’è liberazione neppure dalla sofferenza personale, ancora più difficile potere alleviare quella altrui.
La compassione matura e procede verso la sua piena evoluzione anche grazie anche alla comprensione ed accettazione piena della realtà (Saggezza) e di alcuni suoi aspetti fondamentali: la transitorietà-impermanenza di tutto (inclusa l’identità, il corpo, l’io, ecc.) e il sorgere interdipendente (nulla esiste indipendentemente da altro, nulla sorge senza dipendere da altro, da una causa, dall’etichetta che si mette sul fenomeno e dalle sue parti oltre che dalle convenzioni-accordo con altri).
La persona, così come ogni altro fenomeno, non solo è interconnessa strettamente con tutto ma si trasforma continuamente, nasce e quindi muore (questi sono solo due dei 12 anelli del sorgere dipendente, ogni anello è connesso al seguente ”da questo sorge quello” o all’inverso “cessando questo cessa anche quest’altro“ nella “catena di anelli “ che, secondo il Buddismo, ci lega alla vita e alla morte).
La morte, nel contesto delle Quattro Nobili Verità, ci costringe ad aprire gli occhi sulla verità (“rompe gli occhiali” che distorcono la nostra visione, salta per un attimo il nostro Bias cognitivo-emotivo-percettivo sulla realtà) Le Quattro Nobili Verità sono le prime parole che il Buddha accettò, dopo tante richieste, di condividere, solo per Compassione, (DJKR) verso la nostra sofferenza, riluttante, convinto, dice DJKR, fosse impossibile per noi esseri umani vedere il Bias perchè troppo vicino a noi (qui lascio ad ognuno se definire il Buddha come filosofo o psicologo o guida spirituale o anche solo un uomo alla ricerca di modi per superare la sofferenza).
In questo contesto Lui descrive come riconoscendo la sofferenza, superandone l’origine-ignoranza/illusione e/o bias sulla nostra percezione della realtà, tramite un cammino/sentiero/allenamento interiore/esteriore di avvicinamento graduale alla verità/realtà, si realizza la cessazione della sofferenza (il Bias cessa e non torna più: vediamo la realtà così com’è).
La morte è l’aspetto più visibile della Sofferenza della impermanenza (tutto si trasforma, ogni attimo, e spesso non solo non lo accettiamo ma non ne siamo affatto consapevoli, tanto che chiamiamo convenzionalmente “Fiume Pò” l’acqua che scorre e quindi non è più la stessa e “Silvia”, la sottoscritta, ”qualcosa che cambia così tanto da essere irriconoscibile” a distanza di tempo: da una cellula/embrione all’adulto, all’anziano, alla malattia, al cadavere, ecc, Vi è mai capitato come operatore di cure palliative, a domicilio del paziente: vedete una foto al muro, chiedete se è la figlia e lui/lei risponde ”sono io un mese fa prima della malattia”).
La malattia prima e la morte poi ci “costringono” al riconoscimento della sofferenza (prima Nobile Verità). Anche in cure palliative la sofferenza viene da qualcuno definita come il “Bias” tra la realtà e la percezione/desiderio, quanto più ampio è lo iato tra realtà e percezione/desiderio tanto più intensa è la sofferenza/disperazione. Quanto più i desideri sono realistici quanto più alta è la qualità di vita. L’intenzione di lenire/affievolire questa sofferenza è la compassione. La compassione è, secondo alcune scuole (ad es Dzogchen), la capacità/possibilità di accogliere senza limiti e confini, attraverso uno spazio/consapevolezza “al di là“ dei concetti/percezioni/emozioni (e dei bias conseguenti) la realtà così com’è (bias inclusi). La possibilità di visione del tutto senza identificazione totale (Mingyur Rompoche 2020, ”Dzogchen immersion”, Vajrayana online, Tergar). Così come il Sole/cielo/spazio e le nuvole che lo oscurano: esistono entrambi e sono interconnessi. Così come le onde del mare e il mare o come lo specchio e le immagini sullo specchio. Questa ampiezza senza limiti e confini di visione/contatto con la realtà così com’è è consapevolezza/compassione/chiarezza.

Tutto ciò scritto fino a qui rende più chiaro, forse, perchè gli hospice (o comunque il fine vita) sono un “luogo” dove la Compassione, come definita nel Buddismo (e nello Dzogchen), non solo è utile, ma anche indispensabile. Sembra possibile infatti innescare, come è accaduto ai volontari dello Zen Hospice, un circuito virtuoso: la Compassione ci “regala” resilienza, grazie alla quale riusciamo a stare in contatto con la realtà anche molto dolorosa del fine vita, realtà che a sua volta, se riconosciuta, percepita e “digerita” diventa saggezza che a sua volta và ad aumentare la nostra compassione alimentando quindi la resilienza e quindi la “profondità/ampiezza “della Compassione.
Rimane fondamentale riuscire a mantenere l’attenzione sulla persona e non solo sulla sua sofferenza(che ora forse, grazie alla compassione e saggezza, percepiremo con nuovi “occhiali”, la persona, l’interconnessione, la nostra relazione, le azioni che facciamo per lei e noi stessi, tutto ciò sarà percepito attraverso nuove lenti/visioni).

Nell’arte Buddista spesso La Compassione è rappresentata tramite statue e dipinti del Buddha della Compassione Cenresig : un particolare è la Gemma che esaudisce tutti i desideri che Lui tiene tra le sue mani all’altezza del Cuore, la Gemma è la compassione.

In ambito scientifico gli studi e le ricerche di R.Davidson e Tania Singer, ecc sulla Compassione nascono nel contesto interattivo dei dialoghi/convegni annuali iniziati nel 1987 (e attivi ancora oggi) tra scienze e pratiche contemplative del MInd and Life Institute. Troviamo tra i valori fondamentali dell’istituto la Compassione e tanti sono stati I dialoghi dedicati al tema (https://www.mindandlife.org Mind & Life emerged in 1987 from a meeting of three visionaries: Tenzin Gyatso, – the 14th Dalai Lama – the spiritual leader of the Tibetan people and a global advocate for compassion; Francisco Varela, a scientist and philosopher; and Adam Engle, a lawyer and entrepreneur.) Grazie agli incontri (dialoghi non giudicanti e coraggiosi ed al reale confronto senza pregiudizi), internazionali (Europa, USA, Asia,Africa,ecc) multiculturali e multidisciplinari tra i massimi esponenti e ricercatori in neuroscienze, pratiche contemplative (Buddismo, Cristianesimo, ecc), psicologia, sociologia, antropologia, economia, medicina ecc e la loro sinergia (fatta di parole, ricerche, dati, confronti, ecc) si sono aperte prospettive prima non immaginabili che ora sono diventate realtà scientifiche e cliniche, ecc: nuove visioni transculturali, internazionali e interdisciplinari, motori di cambiamenti, modelli innovativi, nuove prassi cliniche, ecc
Come dice in modo molto chiaro J. Halifax , PhD, ricercatrice- autrice, medico, antropologa, all’inizio del capitolo 6 “Being with Dying, Experiences in End-of-Life-Care, Joan Halifax” Del libro (scaricabile anche gratuitamente in PDF “Compassion Edited by TaniaSinger Matthias Bolz Edition 2013“) i sentieri Buddisti e in particolare la compassione possono dare un grande contributo nella formazione/training dei sanitari che lavorano nel fine vita.

As an anthropologist and student of religion, I had looked deeply into the world’s religions exploring teachings related to compassion, dying and death that could serve those who were facing death in the contemporary world and those caring for the dying. As well, I was fortunate to have received teachings and engaged in practices from the Theravada, Mahayana and Vajrayana schools of Buddhism. I learned that all three schools of Buddhism could contribute greatly to the understanding of how to train clinicians and caregivers in compassionate care of the aged, the dying, and those suffering from catastrophic illness. I also learned that other cultures often care for their dying in ways that were more compassionate and realistic than ours.

Anche se la ricerca scientifica nel campo dell’accompagnamento al fine vita è giovane (in Italia la legge sugli Hospice è del 1998 prima esistevano solo poche associazioni come la Floriani e L’A.N.T. e poco altro) molti sono gli articoli sull’importanza della self-compassion per gli operatori sanitari in hospice (Mosquita 2021 e altri) sono parecchi i programmi/protocolli per gli operatori in hospice basati su mindfulness e compassione , solo per fare un esempio digitando su PubMed “mindfulness compassion and pallative care” sono 26 gli articoli che si trovano oggi Lunedì 21 Agosto 2023, invece se si aggiunge RCT nella ricerca su PubMed i risultati di articoli trovati si riducono ad 1 del 2019 poi aggiornato nel 2021 con i risultati incoraggianti mentre digitando solo Compassion and RCT sono 149 oggi.

Possiamo quindi ipotizzare l’utilità di approfondire con ricerche RCT anche nel campo delle Cure Palliative il beneficio/contributo della compassione, e, mantenendo anche qui lo stesso coraggio e apertura dei dialoghi di Mind and Life esplorando tramite RCT anche la Compassione così come definita nelle tradizioni millenarie Buddiste (ma non solo) e il suo possibile circuito virtuoso in cure palliative : compassione che crea resilienza, che permette l’apertura e comprensione della realtà della sofferenza così come è (saggezza) che approfondisce e matura la Compassione che permette più resilienza e quindi più contatto con la realtà e così via.
I training sulla compassione sono nel Buddismo definiti in modo preciso e dettagliato (come quelli millenari nel Lam-rim, sul Tong-leg o delle 6 cause e un effetto ma anche quelli Dzochen o di altre tradizioni o quello più moderno di Tubten Jimpa – traduttore del Dalai Lama Phd a Cambridge che collabora da sempre con Mind and Life).

Ci spronano in questa direzione i tanti contributi scientifici e clinici ma anche i libri e gli articoli non clinici, le esperienze cliniche di hospice ad orientamento Buddista come lo Zen Hospice americano e il Karuna (parola sanscrita che significa Compassione) Hospice in Australia sul quale feci la tesi specialistica (finita nel 1999 ma iniziata molti anni prima). Da allora ho lavorato, mantenendo questo approccio, almeno 15 anni a domicilio e in hospice nel fine vita con pazienti e famigliari e nella formazione degli operatori e/o supervisione e supporto al burnout portando poi questa esperienza fuori dal contesto hospice in diversi campi clinici e formativi. D’altra parte anche solo utilizzando il ragionamento clinico non vedo perchè la Compassione, non potrebbe aiutare in cure palliative (operatori, pazienti, famigliari) se intesa come capacità/spazio ampio di presenza attenta e attiva (a “Se” e e “all’altro”, alla relazione ecc), consapevolezza/compassione che permette di rimanere aperti alla sofferenza e al dolore senza annegarci dentro, capacità di stare con le esperienze di sofferenza accogliendole così come sono senza identificarsi, mantenendo una intenzione attiva alla cura, grazie allo spazio/consapevolezza/osservatore/compassione in relazione con le funzioni psichiche ma “fuori” da queste, possibilità di vedere il treno/fiume/incendio senza venirne travolti. Ho visto anche io personalmente, in questi 25 anni di lavoro clinico, i benefici dell’utilizzo di questo approccio sia in hospice, sia nella formazione di operatori che nelle cure di fine vita a domicilio ma anche nelle psicoterapie e nella elaborazione del lutto sia semplice che complesso (ma qui si aprirebbe un altro capitolo). Ciononostante ulteriori studi-RCT sono indispensabili, anche se le esperienze cliniche e i pochi dati scientifici, la risposta di care giver,sanitari e pazienti sembrano incoraggianti.

Anche i contributi di Halifax (phd,medico, antropologo e monaca zen, che lavora da tantissimi anni in ospedali in USA e Canada nell’accompagnamento al fine vita e quello di F. Ostasesky (uno dei fondatori dello Zen Hospice di San Francisco), entrambi praticanti e meditatori Buddisti nonché formatori da decenni di operatori sanitari in USA e nel mondo nel campo del fine vita, vanno in questa direzione ma non solo: Lama Zopa ispiratore del Karuna Hospice (McGrath P 1997,1998 , Bianchi tesi 1999) Brisbane , Cure Palliative Australia, e autore del libro “Guarigione Definitiva” seminario dato a pazienti negli ultimi 6 mesi della loro vita, Sogyal Rimpoche autore del “libro tibetano del vivere e del morire” (e la sua studentessa C.L.” con il suo libro “Facing death and finding hope” 1997) e Daniela Muggia e le esperienze di accompagnamento empatico. L’associazione Dare Protezione (FMPT) forma volontari per diversi hospice in Italia, utilizzando la Compassione Buddista come uno dei principali strumenti formativi e così il Master di Mindfulness clinica dell’università di Torino che per 10 anni ha dedicato 1/5 della formazione all’accompagnamento empatico e lutto, Namkhai Norbu i suoi tanti contributi formazioni e libri, i tanti libri del Dalai Lama sull’argomento, il libro Vedere Oltre (con i contributi di Elio Guarisco e Namkhai Norbu) e molto altro sembrano tutti indicare nella stessa direzione. Tutti questi approcci sembrano indicarci che l’utilizzo della compassione (della Minfulness, prima fase di ogni training sulla compassion, indispensabile per creare lo “spazio/risorsa che permette di vivere la sofferenza senza affogarci). Tutti questi autori ci incoraggiano a sviluppare saggezza, consapevolezza e compassione fino al punto in cui l’esperienza del vivere e del morire diventano oggetti della consapevolezza, come se perfino l’esperienza della morte (oltre a quella della vita, e del fine vita e tutte le altre) potesse diventare una esperienza “dentro” alla consapevolezza (e non invece la consapevolezza dentro alla vita: qui la diversa visione attuale tra una parte delle neuroscienze hard secondo cui la coscienza è un prodotto del cervello, quindi del corpo vivo e la morte è assenza di consapevolezza/coscienza). Ho visto con i miei occhi morire due persone particolari, avevano dedicato tutta la loro vita allo sviluppo di Compassione, saggezza e consapevolezza e sono morte così: due Maestri Buddisti, sono morti con presenza e consapevolezza e grande compassione verso se stessi e gli altri, si è poi verificato poi nei giorni seguenti alla morte clinica quello che nel Buddismo viene chiamato Tukdam (il corpo non si è decomposto per diversi giorni) fenomeno che R. Davidson altri scienziati hanno riconosciuto ma stanno cominciando solo ora ad esplorare con metodi scientifici (scarsi i mezzi: non adatti probabilmente a questo tipo di esplorazione, dice Davidson nel documentario “Tukdam”). Leggendo i contributi degli autori sopra citati il Tukdam si manifesta quando la coscienza del mediatore sta ancora meditando nel momento della morte e dopo la morte clinica: fino a quando la coscienza è presente il corpo non si decompone. Come se tutto potesse nascere e cessare dentro al campo della consapevolezza, inclusa la morte: le esperienze, tutte, come riflessi sullo specchio della consapevolezza, vera nostra natura profonda, dicono molti di questi autori, quindi la morte come un tornare a casa, una esperienza che, come tutte le altre, sorge e cessa “all’interno della consapevolezza” come suggerisce ad es N.Norbu nel suo libro “Lo Specchio”. Lama Zopa nel suo libro “Guarigione Definitiva”, quando parla alle persone negli ultimi mesi della loro vita di vita, ribalta, per loro e con loro, completamente la percezione che si ha “normalmente” in occidente, della malattia della vita e della morte: l’obiettivo diventa la Guarigione definitiva, l’illuminazione, lì cessa tutta la sofferenza, la malattia terminale diventa, nelle sue parole e nel suo esempio di vita vissuta, un trampolino meraviglioso per allenare/realizzare ( quindi trasformare in Saggezza/Compassione) gli aspetti della realtà che di solito neghiamo come appunto la transietorietà, la morte, la dipendenza o interdipendenza da altro, il nostro non essere entità indipendenti e permanenti. Lama Zopa parla dell’esperienza degli ultimi 6 mesi di vita come occasione per realizzare le qualità di saggezza e compassione, pazienza e sforzo entusiastico, tutti gradini verso la Guarigione Definitiva, unica e vera possibilità per superare in modo definitivo la Sofferenza secondo Lama Zopa.

La scienza attuale ha il coraggio di esplorare questo terreno (scivoloso per la scienza)?

Questo tipo di compassione (anche solo come seme e non ancora come frutto totalmente maturato descritto dagli autori sopra menzionati) sembra risolvere vari aspetti problematici nel campo del fine vita scrive J.Halifax:

  1. altruismo patologico-eccesso che nuoce chi lo sperimenta
  2. burnout o esaurimento vitale (stress, lavoro eccessivo ecc)
  3. trauma secondario o lutto secondario
  4. distress morale (conflitti morali quando il clinico sa cosa è giusto ma non può applicarlo
  5. ostilità orizzontale e verticale
  6. violenza strutturale nel sistema (halifax, cap 6, e altri)

Halifax creò già nel 1996 un programma per formare operatori sanitari che lavorano nel fine vita alla compassione chiamato BWD (Professional Training Program in Compassionate End-of-Life Care” (BWD) E il Modello G.R.A.C.E (altro capitolo dello stesso libro http://ecx.images-amazon.com/images/I/31xQAtdntNL._.jpg)
Impossibile riassumere il contributo di Ostasesky in poche righe (il lettore potrà approfondire leggendo il suo libro “Sapere accompagnare”) se non attraverso i 5 precetti, come li chiama Ostasesky o modi per stare con chi sta morendo :

  1. accogli tutto, non respingere niente
  2. sii presente, porta nell’esperienza tutto te stesso,
  3. non aspettare,potrebbe non esserci più tempo, la morte e l’impermanenza fanno parte della vita, non aspettare a dire che ami a risolvere le cose irrisolte..e..e..e…
  4. imparare a riposare nel pieno dell’attività, trovo lo spazio di riposo e consapevolezza tra un respiro e un’altro, tra un pensiero e un’altro, tra un’emozione e un’altra tra un’azione e un’altra…e…e..e
  5. coltiva una mente che non sa, la mente del principiante, l’umiltà, mettersi in questa posizione è l’unica possibilità che abbiamo per scoprire e vedere cose nuove e nuovi aspetti della realtà, per crescere,vivere e morire,con curiosità, apertura e stupore

E quello del Karuna (compassione in sanscrito) Hospice fondato nel 1992 (prima che in Italia esistessero Hospice) da Venerable Pende Hawter, monaco buddista, grazie alla guida/richiesta di Lama Zopa Rimpoche (- dobbiamo alleviare la paura della morte nei pazienti e nei familiari – LZ) è fin dalle sue origini parte a tutti gli effetti del sistema sanitario nazionale Australiano integra da sempre Buddismo e Cure palliative, la Compassione e la mindfulness come metodo di accompagnamento al fine vita, sia come formazione per gli operatori che come applicazione clinica ai pazienti e famiglie, già nel 1999 aveva un livello di soddisfazione clienti molto alto, un bassissimo livello di burn-out degli operatori, basso livello di conflittualità, tantissimi volontari giovani, molti operatori sanitari desiderosi di lavora con loro, e già nel 1999 il 95% delle morti avvenivano a domicilio.

(Purtroppo non abbiamo il dato italiano ma la ricerca incentrata su 24 Paesi Ocse evidenzia come, nonostante si preferisca morire a casa, la metà dei decessi avvenga in ospedale, spesso a causa della mancanza di supporto a domicilio e da parte della comunità).

Riassumendo
Grazie a Mind and Life, al coraggio di aprirsi alla complessità, al dialogo, tra approcci in prima, seconda e terza persona, tra scienza, altre discipline e contemplativi la ricerca sulla Compassione è stata fertile ed i risultati utili sia per la scienza che per le sue applicazioni cliniche. Per come è definita la Compassione nelle pratiche contemplative Buddiste e la sua intima relazione con la Saggezza, che comprende la transitorietà ed interdipendenza/interconnessione di tutto (e/o alla sua potenzialità di “risiedere” in uno spazio di presenza più ampio dell’io e delle sue funzioni)ci sono buone ragioni per ipotizzare che possa essere uno strumento/capacità/formazione estremamente utile nella clinica del fine vita e quindi maggiori RCT siano necessarie/auspicabili per esplorare questo.
Perchè proprio avvicinandoci al Mistero (come lo definisce Ostasesky) della morte (e non solo) di cui nulla o quasi la scienza ancora sa,questi nuovi/antichi approcci e visioni legati alla Compassione/Saggezza (che ci aiuta a superare in modo rispettoso e sano i nostri limiti e stare in contatto con la realtà così com’è) non dovrebbero essere utili? E perchè proprio lì dove il terreno del corpo e della persona ci lasciano davanti al baratro/buco nero/mistero della loro futura assenza, e ci costringono a confrontarci con lo spazio vuoto, con domande spirituali (su chi siamo e cosa sono la vita, la morte e il dopo morte), proprio lì dove l’assenza diventa, secondo le tradizioni contemplative, lo specchio della nostra vera natura e realtà più profonda, perchè un dialogo aperto e coraggioso con le tradizioni spirituali, incluso il Buddismo, e la scienza non dovrebber essere fertile? Se da sempre è stato lasciato al campo delle Religioni e della Spiritualità l’accompagnano alla morte perchè dialogare con queste tradizioni non dovrebbe essere utile anche alla clinica e alla scienza?

Il Dalai Lama, pur dichiarando che è disponibile a cambiare nei testi religiosi Buddisti ciò che la scienza dimostra come errato, incoraggia invece la scienza ad esplorare ambiti che non ha mai esplorato, come la continuità della coscienza dopo la morte. L’ho visto, con grande Compassione, implorare a mani giunte il neuroscienziato R. Davidson di approfondire perfavore la ricerca in questo senso perchè, diceva, molta della sofferenza che viviamo, non solo nell’ultima fase della vita, è secondo Lui, dovuta all’eccesso di identificazione con la materia…se solo la scienza scoprisse che c’è una qualche continuità della coscienza/mente la sofferenza diminuirebbe …. Esplorate per favore….

Bibliografia e note finali:

  1. Maestro Buddista e regista, scuola Rime, Dzongsar Khientse Rimpoche video DJKR
  2. Tesi “Il potere della Compassione: il contributo del Buddismo” Silvia Bianchi
    J Hosp Palliat Nursactions
    Search in PubMed
    Search in NLM Catalog
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    . 2021 Apr 1;23(2):145-154. doi: 10.1097/NJH.0000000000000727.
    Self-compassion In Hospice and Palliative Care: A Systematic Integrative Review
    Ana Cláudia Mesquita GarciaBrenda Domingues SilvaLetícia Cristine Oliveira da SilvaJason Mills
    PMID: 33633095 DOI: 1097/NJH.0000000000000727
  3. solo digitando  Compassion su BMC palliative care sono 127 gli articoli che escono
    < target=”_blank”a href=”https://bmcpalliatcare.biomedcentral.com/articles?query=compassion&searchType=journalSearch&tab=keyword”>https://bmcpalliatcare.biomedcentral.com/articles?query=compassion&searchType=journalSearch&tab=keyword
  4. 2019 Jul 8;20(1):406. doi: 10.1186/s13063-019-3533-y.
    A novel mindful-compassion art therapy (MCAT) for reducing burnout and promoting resilience for end-of-life care professionals: a waitlist RCT pro
    Andy Hau Yan Ho  1   2   3 , Geraldine Tan-Ho  4 , Thuy Anh Ngo  4 , Grace Ong  5 , Poh Heng Chong  6 , Dennis Dignadice  6 , Jordan Potash  7 Affiliations expand
    A Novel Mindful-Compassion Art-Based Therapy for Reducing Burnout and Promoting Resilience Among Healthcare Workers: Findings From a Waitlist Randomized Control Trial. Ho AHY, Tan-Ho G, Ngo TA, Ong G, Chong PH, Dignadice D, Potash J.
    Front Psychol. 2021 Oct 21;12:744443. doi: 10.3389/fpsyg.2021.744443. eCollection 2021.
    PMID: 34744918 Free PMC article.
  5. nella mia esperienza clinica  come psicologa e psicoterapeuta in cure palliative e lutto iniziata nel 1998 al Karuna hospice ( ome studentessa per la tesi specialistica in psicologia clinica) e poi per l’associazione Concordia  come psicologa a domicilio nel fine vita e successivamente, sempre a domicilio, per L’associazione Nazionale Tumori per 10 anni e nell’associazione Cure Palliative- hospice di Livorno per 3 anni prima con i pazienti e care giver e famigliari, lutto  ed equipe e poi come esterna per la riduzione del Born-out degli operatori sanitari della associazione che curava la parte domiciliare dell’hospice,di Livorno, nonché nella formazione e supervisione dei volontari delle cure palliative di Livorno prima e della associazione Dare Protezione dopo , come docente ,dell’università di Torino nel Master di Mindfulness clinica per sanitari, di accompagnamento empatico nel fine vita e lutto, nonché ai sanitari alla Ausl di Pisa e le tante altre formazioni e gruppi che tengo dal 2000 ad oggi su morte, lutto e accompagnamento al fine vita, nessuna di queste esperienze mi ha fatto ricredere , anzi, ha confermato l’utilità della compassione senza la quale in questo lavoro il burnout per gli operatori rischia di essere  più di un rischio (certezza direi) e/o costringerci a tagliare pezzi di realtà con gesti e parole (negando, rimuovendo ecc)  CiteShare
  6. 10- https://karuna.org.au/
    McGrath P.
    Hosp J. 1997;12(4):1-14. doi: 10.1080/0742-969x.1997.11882870.
    PMID: 9305021 Review.
    The notion of spirituality is central to hospice ideology and practice. Unfortunately, because of the modernist concerns with objectivity and measurement, this ‘transcendent’ dimension to hospicecare has received little research attention. …This discussion …
    2 CiteShare
    A spiritual response to the challenge of routinization: a dialogue of discourses in a Buddhist-initiated hospice.
    McGrath P.
    Qual Health Res. 1998 Nov;8(6):801-12. doi: 10.1177/104973239800800606.
    PMID: 10558347
    The hospice vision of providing democratic and humane care of the dying needs to be operationalized in the “real world” of health care bureaucracies. …This discussion explores this process of routinization through research findings on a hospice organ …
    3 CiteShare
    Autonomy, discourse, and power: a postmodern reflection on principlism and bioethics.
    McGrath P.
    J Med Philos. 1998 Aug;23(5):516-32. doi: 10.1076/jmep.23.5.516.2568.
    PMID: 9892038
    The focus of the discussion will be on the principle of autonomy. Recent doctoral research on a hospice organization (Karuna Hospice Service) will be used to contextualize the debate to end-of life ethical dilemmas. The conclusion will be reache …
    4 CiteShare
    Who are our clients? A profile of a community-based Buddhist hospice.
    McGrath P.
    Am J Hosp Palliat Care. 2000 May-Jun;17(3):178-84. doi: 10.1177/104990910001700311.
    PMID: 11886069
    One of the ongoing challenges for those involved in the hospice movement is to find ways of effectively extending the provision of hospice services to all in need. …This discussion presents a descriptive profile of the clients of a community-based Buddhist hosp
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    Spirituality and discourse: a postmodern approach to hospice research.
    McGrath P.
    Aust Health Rev. 1997;20(2):116-28. doi: 10.1071/ah970116.
    PMID: 10169360
    This discussion seeks to help reverse such a direction by offering an example of research on an Australian hospice service (Karuna Hospice Service) which is inclusive of the notion of spirituality. This research indicates that a spiritual discourse was not on …
  7. Guarigione Definitiva, Lama Zopa, Chiara Luce edizioni
  8. Daniela Muggia è tanatologa. Premio Terzani per l’Umanizzazione della Medicina 2008, docente nel Master di II grado dell’Università Roma 3 in Accompagnamento empatico del morente – Pedagogia e Tanatologia (Anno Accademico 2012-13) e in molti corsi di Educazione Medica Continua, membro fondatore e responsabile scientifico per la sua disciplina nell’Università Popolare In corde scientia, è membro e tutor dell’équipe di accompagnamento dell’associazione Tonglen ODV di cui è presidente.
  9. I Pellicani
    © 2015 Lindau s.r.l. Lindau s.r.l.
    corso Re Umberto 37 – 10128 Torino Prima edizione: novembre 2015 ISBN 978-88-6708-406-7, VedeRe oLTRe, La spiritualità dinanzi al morire nelle diverse religioni
  10. A mani giunte ripeteva, come il Buddha della Compassione nella iconografia Buddista ,  continuate perfavore ad esplorare se la coscienza- mente è davvero un prodotto del cervello materia o se ha un continuo suo che si trasforma e non si distrugge, così come la materia/energia che non si creano ne distruggono ma si trasformano.
    Con le parole di Lama Zopa: dobbiamo trovare il modo per potere aiutare tutti a morire (e a vivere aggiungo io) con meno paura. Qualche scienziato sta già esplorando: come l’equipe di Davidson (vedi documentario Tukdam) e la divisione di Perceptual Studdies della Virginia University school of Medicine che cerca con rigorosi metodi scientifici di studiare fenomeni straordinari come le esperienze post-morte e le memorie, non spiegabili da altri fatti, di bambini che ricordano vite precedenti.

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